Si sono susseguite negli ultimi mesi da parte della Ministra Fedeli una serie di annunci mediatici frammentari, ma non per questo meno inquietanti, che ponevano sia pure a spot, revisioni profonde e strutturali del sistema di istruzione in Italia.
Confermiamo la nostra assoluta convinzione che sia indispensabile ripensare nel suo insieme al sistema scuola, sostenuti da una consultazione ampia di tutti gli attori del sistema formativo e da una diffusa condivisione degli obiettivi.
E’ certamente necessaria una rivoluzione culturale a livello pedagogico e di metodologia didattica, di formazione delle professionalita’ e figure legate all’insegnamento, di organizzazione, di implemento della partecipazione democratica e della valutazione. Una riforma che renda efficace il percorso formativo e lo metta al passo con i tempi, i linguaggi e la mission costituzionale della scuola che, oggi, appare confusa e incerta. Proprio questa convinzione ci induce a rilevare una serie di affermazioni che non fanno sistema e rischiano di rendere ancora più frammentato e confuso il percorso della scuola pubblica, così come si evince dagli intenti enunciati dalla Ministra.
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ESTENSIONE DEL NUMERO DI LICEI CHE DEVONO SPERIMENTARE LA DURATA A 4 ANNI IN LUOGO DEGLI ATTUALI 5.
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INNALZAMENTO DELL’OBBLIGO DI ISTRUZIONE A 18 ANNI
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REVISIONE DELLA SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO
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LIBERO UTILIZZO DEGLI SMARTPHONE IN CLASSE.
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REVISIONE DEL PATTO DI CORRESPONSABILITA’ EDUCATIVA.
Riteniamo che i primi 3 punti vadano esaminati insieme. Cosi’ come delineato dalla sperimentazione della riduzione di un anno di frequenza per i licei, la quantità’ di saperi trasmessi e in buona parte anche l’orario di permanenza a scuola non vengono rielaborati e armonizzati diversamente ma compressi in uno spazio temporale piu’ breve, con buona pace dei principi ispiratori dell’idea di uguaglianza e pari opportunità’.
Un liceo per poche eccellenze o per studenti con famiglie in grado di offrire sostegni didattici esterni e paralleli indispensabili per il successo. Ci domandiamo se, a regime, il metodo identificato per innalzare l’obbligo di istruzione a 18 anni, non si traduca in realta’ nel taglio netto di un anno della durata della scuola secondaria di secondo grado, non si traduca, cioè, nell’ennesima operazione di taglio della spesa travestito da “riforma”.
Quali siano gli intenti della Ministra rispetto alla ventilata revisione della scuola secondaria di primo grado, invece, non ci e’ dato sapere.
Quanto all’uso libero dei cellulari in classe invece rileviamo come, ancora una volta, nessuno si sia preso la briga di provare ad interpellare chi in classe svolge quotidianamente il proprio lavoro, altrimenti sarebbe noto che le campagne contro il cyberbullismo, ad esempio, passano attraverso percorsi di consapevolezza della propria identità’ digitale, della reputazione in rete, del web e delle sue oscure estensioni meno note, tutti argomenti assolutamente estranei alle metodologie didattiche applicate nelle scuole italiane. In poche parole non abbiamo pregiudiziali sull’utilizzo di sistemi in grado di connettersi al web, ne abbiamo invece sulla capacità della scuola di mettere in campo le competenze necessarie affinché’ tale percorso sia affrontato in sicurezza, con gli strumenti che è indispensabile fornire ai ragazzi per evitare pericoli e abusi in un ambito nel quale esercitare il dovuto controllo risulta difficile.
Riteniamo che avrebbe un senso compiuto, invece, evitare di comprimere i percorsi all’interno di inquadramenti temporali più’ o meno fantasiosi e introdurre una seria riforma dei cicli che renda obbligatorio l’ultimo anno di scuola dell’infanzia, sottraendolo al servizio a domanda individuale e, al tempo stesso, tenendolo senz’altro fuori da una idea di anticipo nei contenuti e nei metodi della scuola primaria. Un percorso scolastico/formativo con obbligo a 18 anni che si declini in un primo ciclo di istruzione primaria di otto anni, che sia seguito da un biennio unitario e si concluda con la scelta di indirizzo di un triennio specialistico consentirebbe, con logica organizzativa, economica e culturale.
Ovviamente un riassetto di questa caratura prevede un aggiornamento del personale della scuola in termini di metodologie e linguaggi e una revisione complessa dei metodi di valutazione degli studenti e del sistema scolastico/formativo. In questo senso, una didattica capace di utilizzare con competenza e rigore le nuove forme di espressione, capace di cogliere e impiegare come preziosa risorsa le evoluzioni sociali e culturali in atto nel Paese e nel mondo e una scuola dotata di risorse umane, economiche, tecnologiche e strutturali in grado cioè di rispondere alla richiesta che l’attuale sviluppo richiede, sarebbero LA risposta che il mondo dell’istruzione e della formazione attendono da anni.
La scuola è e deve rimanere, spazio pubblico oggettivamente inclusivo in cui si incontrano alla pari ragazzi di diverse condizioni sociali e culturali, sani e disabili, italiani e stranieri, cattolici e musulmani, capaci e meno capaci. Spazio plurale in cui si manifestano senza la pretesa di prevalere diverse opinioni, punti di vista, sensibilità culturali, scelte religiose. Spazio di relazioni tra adulti e giovani, e di giovani tra loro, in cui far maturare consapevolezza civica, intelligenza e rispetto delle istituzioni, condivisione dei principi e delle regole della convivenza democratica, motivazioni alla partecipazione attiva alla vita della comunità, esperienze di solidarietà. Cultura, insomma, nel senso pieno del termine.
A tutto ciò che mette a rischio questa visione del sistema formativo o ne mina l’unità, il CGD si oppone con vigore, forte delle idee di cultura, istruzione, esercizio democratico, pari opportunità’ e diritti che la nostra Carta Costituzionale – per fortuna – ancora garantisce.
COORDINAMENTO GENITORI DEMOCRATICI NAZIONALE
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