Sono state pubblicate il 28 ottobre dal MIUR le Linee Guida Nazionali “ Educare al rispetto per la parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le forme di discriminazione” che completano il percorso della Legge 107/2015 per quanto attiene il comma 16.
Il testo, dopo i doverosi riferimenti all’art. 3 della Costituzione Italiana e all’art. 21 della Carta dei Diritti Fondamentali della U.E., cita la circolare Ministeriale 15 settembre 2015 n. 1972, senza tener conto dell’assunto per il quale una circolare non è atto normativo e, pertanto, non ha potere di innovare l’ordinamento giuridico. Nella circolare in questione viene esplicitamente indicata la” ideologia gender” e si ribadisce l’esigenza di una conseguente e assoluta estraneità della scuola alla “ trasmissione e all’insegnamento di pratiche estranee al mondo educativo”.
Nominandola, si assegna dignità ed esistenza ad una “ideologia” che in realtà è priva di ogni fondamento e frutto di un equivoco derivato da ignoranza e/o superficialità attribuibili a manovre propagandistiche di chi, con un terrorismo psicologico, vuol far credere che esista da parte di alcuni l’obiettivo della distruzione della famiglia tradizionale.
Coerentemente a queste errate premesse non ci stupisce che si sia abbracciata , a sostegno dell’impianto culturale del documento, una teoria antropologica piuttosto che un’altra. E’ dato come assunto certo e inconfutabile che “nascere uomini o donne…e’ pietra angolare dell’identità’.
Si potrebbe in antitesi sicuramente sostenere che non si nasce uomo o donna -condizione a cui si addiviene in seguito – ma si nasce maschi o femmine. E si diventa uomini o donne anche attraverso la socializzazione, le pratiche educative, il linguaggio, la comunicazione mediatica, le norme sociali.
Nelle linee guida non c’è alcun riferimento ai numerosi modelli di famiglie che popolano la nostra società: monoparentali, adottive, affidatarie, separate, con genitori eterosessuali e genitori omosessuali e che tutte – visto che si tratta di linee guida contro le discriminazioni – hanno pari diritti e pari dignità’.
Risultano totalmente e ugualmente omessi i diversamente abili, i minori immigrati, i rom, il popolo dei Bes e tutti coloro che per condizioni economiche o sociali si trovano in difficoltà oggettiva.
Merita, a questo punto, particolare attenzione il paragrafo 6) delle Linee Giuda dal titolo “ L’educazione al rispetto a scuola”.
In particolare quando si afferma che “ il comma 16 della Legge 107/2015 trova, quindi, nel PTOF il principale strumento di pianificazione strategica per la sua attuazione: … coinvolgendo i diversi attori della comunità scolastica e con il consenso informato dei genitori secondo quanto previsto dal patto di corresponsabilità educativa scuola-famiglia”.
Al patto di corresponsabilità viene attribuito enfaticamente lo snodo fondamentale della relazione tra la scuola e i genitori . Nonostante il patto di corresponsabilità sia in via di rivisitazione, non si comprende come si possa aprioristicamente prevederne uno stravolgimento tale da offuscare l’unico istituto davvero – questo sì- preposto a regolare la partecipazione alla vita scolastica: gli organi collegiali”
Si registra in tal modo il passaggio del “patto di corresponsabilità”: da sottoscrizione per presa visione, e quindi in definitiva accoglimento positivo e favorevole del profilo dell’istituto cui si iscrive il proprio figlio (il POF, il piano programmatico, le modalità organizzative in tutti i loro aspetti, i vari regolamenti, il bilancio sociale, il profilo didattico curricolare ed extracurricolare che si è dato ecc.), a intervento attivo, cogente e probabilmente decisivo dei genitori nel definire, tracciare, elaborare, scrivere tutto questo.
La frase esplicita e strategica delle linee guida “passaggio dalla programmazione pianificata alla progettazione partecipata, dall’informazione alla consultazione, dalle responsabilità istituzionali alle responsabilità condivise” , nasconde l’idea di una destrutturazione della democrazia rappresentativa in democrazia diretta (presunta).
Nasconde anche la trasformazione della libertà di insegnamento in insegnamento a responsabilità limitata, della distinzione di ruoli e competenze in un indistinto ruolo di educatore: mentre essi sono due ruoli distinti, quello di genitore e quello di docente.
Figure che devono comunque collaborare, nell’interesse del giovane in formazione e della società tutta.
I genitori, così come gli studenti, devono esercitare il potere decisionale nell’istituto a ciò preposto dalla legge, che disegna la scuola come sede di democrazia rappresentativa: gli Organi Collegiali, pur se da riformare, ammodernare , potenziare.
Alle famiglie la legittima libertà di scelta della scuola cui iscrivere il figlio e ruoli importanti come : controllo sociale, input culturali e organizzativi, valutazione, orientamento, espressione di bisogni ed esigenze.
Le linee guida prefigurano altro : dietro il concetto articolato e profondo del valore della partecipazione – trasparenza -diritti, celano la potenziale alterazione dei due principi basilari della scuola di stato: la democrazia rappresentativa e la competenza autonoma dei docenti di elaborare il piano didattico- culturale dell’Istituto.
Cioè il principio costituzionale della libertà di insegnamento, che non vuol dire che il docente fa quello che gli pare, ma vuol dire che esercita responsabilmente la propria libertà culturale, comunque all’interno di una organizzazione fortemente strutturata, in cui tutti sono chiamati a rendere conto: l’istituto, il dirigente, gli OO.CC, il singolo docente, gli alunni, i genitori, gli ATA.
Questa del patto di corresponsabilità non è solo una partita culturale/ideologica/antropologica (già questo la renderebbe una partita strategica di assoluta rilevanza storica), ma è anche una partita politica nel senso alto del termine. Verso quale democrazia intende muoversi l’Italia?
Vorremmo fosse chiaro che ogni singola scuola è chiamata non a definire ( né da sola, né con i genitori) le coordinate valoriali in quanto già sancite dalla Costituzione Italiana, bensì il modo di declinarle. Se genitori, docenti o Dirigenti di una scuola dovessero condividere uno o più valori contraddittori con quelli costituzionali ( cosa che potrebbe accadere, ad esempio in tema di rispetto per le diversità vista la feroce campagna anti-gender in atto) sarebbe accettabile e legittima solo perché condivisa in quella comunità scolastica?
L’articolo 30 della Costituzione, col richiamo al diritto/dovere dei genitori di garantire istruzione ed educazione ai figli, non va confuso, contrapposto o sovrapposto in modo improprio (o utilizzato come “arma contro”) con il principio costituzionale della libertà di insegnamento; Deve invece muoversi in linea con l’altro diritto, quello allo studio del giovane, o meglio al suo diritto all’apprendimento!
Se così non fosse la scuola italiana rischierebbe di non essere la scuola dell’inclusione e dell’apertura, ma bensì la scuola della chiusura, dei muri, delle appartenenze, del conflitto culturale e sociale.
Cosa che il CGD, per la sua lunga storia di difesa della scuola pubblica, ha combattuto e continuerà a contrastare.
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