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Scuola e società, un binomio che dovrebbe andare nella stessa direzione, quella della democrazia, della convivenza, della partecipazione. Ma il dato che emerge è un altro: sia la scuola pubblica che la società stanno vivendo una crisi profonda.
Il Censis ci descrive come un Paese intollerante, rancoroso che cerca il capro espiatorio nell’emigrante e non in chi ha determinato la crisi della nostra economia e della nostra società.
E allora emerge la giustizia fai da te, la violenza, la rabbia, l’aggressione, l’intolleranza. Ci chiediamo quale idea di società, quale aspettativa verso il futuro possiamo offrire ai nostri giovani. Ed anche quale scuola vogliamo garantire loro.
Quando uno Stato occupa il quart’ultimo posto in Europa per gli investimenti nell’istruzione è facile fare un’equazione tra un’istruzione che non offre le stesse opportunità a tutti i ragazzi e che perde progressivamente in qualità ed il crescere di una società violenta. È attraverso la cultura, l’informazione condivisa anche in un contesto scolastico, che vengono compresi appieno sia i valori di una convivenza civile che l’impossibilità di affidarli alla legge del più forte.
Dai dati ricavati dall’atlante delle periferie del 2018 di Save the Children, che riprende quelli dell’OCSE, l’indice della povertà educativa è particolarmente preoccupante. In molte regioni italiane, particolarmente al Sud, la maggior parte delle classi della primaria non hanno il tempo pieno, gli alunni non possono usufruire della mensa ed è alto il tasso di abbandono scolastico. In Italia oltre un minore su cinque vive in povertà relativa e permangono ancora numerose e profonde diseguaglianze regionali nell’accesso e nella qualità dei servizi educativi e nell’incidenza della povertà, il che di fatto significa che le persone di minore età hanno differenti opportunità e diritti a seconda di dove nascono e crescono.
Si tratta di una forte discriminazione su base regionale, che ha un impatto sulla vita dei bambini e che rende indispensabile avviare una riflessione strategica rispetto alle politiche per l’infanzia e adolescenza, da cui derivi l’assunzione di un impegno reale da parte delle istituzioni competenti per risolvere le criticità ancora insolute. Il CGD, tra le Associazioni del network CRC, non può che sostenere tale impegno.
In questi ultimi anni abbiamo assistito al susseguirsi di vari Ministri dell’Istruzione (solo in questo triennio Giannini, Fedeli, Bussetti). Ognuno ha cercato di imprimere una svolta più o meno riformistica alla scuola: ma spesso le “cosiddette” riforme ne hanno progressivamente minato la qualità, ingenerando incertezze e confusioni.
La scuola così è diventata sempre più povera, sempre più fragile, a rischio costante di trasformarsi in una azienda e tradire la sua missione.
Il lungo e complesso iter di discussione della legge 107 e delle successive deleghe, ha visto il CGD impegnato in una rete di ben 32 Associazioni che con grande determinazione hanno contrastato l’intera impalcatura normativa, proponendo molte modifiche. Tutto ciò senza avere un reale ascolto e riscontro.
Dopo il voto di fiducia in Parlamento del maxiemendamento sulla legge, come associazioni impegnate nelle tante audizioni effettuate sul testo proposto, esprimemmo molte preoccupazioni per le ricadute negative che si sarebbero verificate sul mondo della scuola
La nostra idea di scuola era e rimane quella basata sulla cooperazione, la democrazia, la vicinanza alle reali problematiche educative degli studenti e delle studentesse, dei genitori, contro ogni tipo di disuguaglianza ed esclusione. I documenti elaborati dal CGD per le varie audizioni parlamentari sulle numerose deleghe, (pubblicate tempestivamente sul nostro sito), rappresentano l’impegno assunto in tale direzione: ad ogni critica è seguita una proposta.
Le criticità sono rimaste sostanzialmente le stesse, con successive ricadute peggiorative sulla quotidianità degli studenti del nostro sistema di istruzione.
Molto dolente la nota sulla effettività del Diritto alla studio; gli Enti Locali hanno competenze specifiche in materia di diritto allo studio: trasposti scolastici, mense, spese di funzionamento, mediatori scolastici, personale educativo- assistenziale comunale per disabili e l’impossibilità di intervenire, per carenza di fondi, spesso modifica l’assetto organizzativo della scuola e mette di fatto in crisi il diritto allo studio per il conseguente incremento delle spese da parte delle famiglie.
Finché non si otterrà una deroga, da parte dello Stato, agli EE.LL. al patto di stabilità sul versante dell’Istruzione non si potrà realmente contrastare il dramma della dispersione scolastica, le discriminazioni di ogni tipo e la povertà educativa.
Assistiamo invece a fumose promesse riguardo alla concessione di borse di studio senza avere chiarezza sule relative modalità di erogazione. Si prevede l’esenzione delle tasse scolastiche da parte degli studenti delle scuole superiori ma si dimenticano le consistenti erogazioni, di gran lunga superiori, dei cosiddetti “contributi volontari” alle istituzioni scolastiche che rappresentano un vero problema per molte famiglie.
Infine, risulta inquietante una sorta di incertezza sull’erogazione del servizio mensa scolastica che può – anzi deve – essere erogato “nei limiti dell’organico disponibile e senza nuovi e maggiori oneri per gli Enti pubblici interessati”. La mensa cioè rimane nell’ambito dei servizi a richiesta individuale ed è erogata dagli EE.LL, a tariffe che variano a seconda dei territori. In nome della libertà di scelta delle famiglie è iniziata in questi anni in Italia una battaglia giuridica dai confini inediti e non ancora conclusa, che rivendica il diritto “al pasto da casa”. Sotto un’apparente battaglia demagogica e seducente come risparmio per molte famiglie, si assesta un ulteriore colpo al valore pedagogico e socializzante del tempo scuola. E sul diritto alla mensa e sulla pelle dei bambini si sono giocate in quest’ultimo anno politiche locali discriminatorie.
L’impegno dei CGD di Corsico e di Lodi racconta meglio di qualsiasi documento la nostra linea politica ed il nostro essere quotidianamente e fermamente a difesa di una scuola pubblica inclusiva e garante dei diritti di tutte le bambine e bambini.
Il CGD ribadisce la necessità di trasformazione del servizio mensa da servizio a domanda individuale a servizio essenziale per erogare il quale è necessario che vengano emanate delle linee guida a livello nazionale che definiscano i livelli essenziali delle prestazioni.
Dopo la cattiva gestione del sistema “alternanza scuola-lavoro” il capitolo è ancora tutto aperto: si aspettano le linee guida nazionali, un albo delle aziende ospitanti, la “Carta dello studente in alternanza”.
La sospensione solo per quest’anno dalla frequenza come requisito di accesso agli esami di maturità, il dimezzamento delle ore (e delle risorse economiche) fatta dall’attuale Ministro lasciano del tutto aperta la questione, nella più totale confusione normativa.
Il CGD esprime la sua convinzione che il percorso di alternanza scuola lavoro debba essere governato a livello nazionale attraverso delle linee guida e adeguatamente sostenuto economicamente affinché
possa rappresentare un reale strumento di crescita esperienziale dei ragazzi.
E’ tornato, nonostante le aspettative di vederlo scomparire e le reiterate richieste anche da parte nostra, il voto numerico pure nella scuola primaria, contro ogni logica indicata dalla moderna pedagogia; persiste l’annoso problema della valutazione dell’ insegnamento della religione cattolica e del ruolo che dovrebbero avere i docenti di IRC sull’ammissione e sulla valutazione degli studenti che non si avvalgono e/o che non hanno potuto svolgere attività alternativa; infine , ma non per minore importanza, la valutazione degli alunni con disabilità si limita spesso al rilascio di un “attestato di credito formativo” in chiaro contrasto con lo spirito della Legge 104.
Sul Sistema integrato di educazione ed istruzione 0-6 non possiamo che insistere nel ritenere punto imprescindibile e irrinunciabile dell’intero impianto normativo regolatore del sistema il far rientrare con chiarezza i servizi dell’infanzia tra quelli essenziali non a domanda individuale.
Il CGD ribadisce che i fondi specificamente debbano esse vincolati ad implementare l’offerta formativa n coerenza ai livelli essenziali delle prestazioni che devono essere stabiliti a livello nazionale.
Il quadro complessivo che appare fa permanere in noi la preoccupazione di un progressivo allontanamento da quella idea di scuola che ci deve appartenere: una scuola pubblica aperta, laboratorio sociale, sede di democrazia partecipata, una scuola che integra e rispetta ogni diversità. Affinché sia aperta, laica, inclusiva e democratica, la scuola deve rappresentare il contesto educativo in cui si pongono le basi per costruire anche le pari opportunità e la valorizzazione delle differenze.
Partendo dalla considerazione che la scuola sia una delle principali agenzie di socializzazione, dobbiamo senz’altro evidenziare quanto essa possa veicolare la rappresentanza culturale dei ruoli femminili e maschili, e in generale, il rispetto delle differenze di genere.
In merito ricordiamo che il 28 ottobre del 2017 sono state pubblicate dal MIUR le Linee Guida Nazionali “Educare al rispetto per la parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le forme di discriminazione”. Tali linee avrebbero dovuto completare il percorso della Legge 107/2015, per quanto attiene il comma 16 (applicazione della legge sul femminicidio, in ottemperanza alla Convenzione di Istanbul).
Già la circolare del MIUR del 15 settembre 2015, citando l’ideologia gender dava ad essa ed ai suoi detrattori una sorta di legittimazione, anche se riconosceva alla scuola ogni estraneità rispetto alla “trasmissione e all’insegnamento di pratiche estranee al mondo educativo”. Noi criticammo questa impostazione ritenendo che il fatto solo di nominare la “teoria gender” poteva rappresentare il rischio di assegnarle indirettamente dignità ed esistenza, pur essendo tale “ideologia” priva di ogni fondamento anche scientifico e frutto di strumentalizzazione da parte di chi vuol far credere che esista da parte di alcuni l’obiettivo della distruzione della famiglia tradizionale.
Abbiamo anche rilevato che nelle linee guida oltre ad assunti teorici non condivisibili (…si nasce uomini e donne…) non c’era alcun riferimento ai numerosi modelli di famiglie che popolano la nostra società: monoparentali, adottive, affidatarie, separate, con genitori eterosessuali e genitori omosessuali e che tutte – se si parla di linee guida contro le discriminazioni – hanno pari diritti e pari dignità .Tale omissione risulta oggi particolarmente colpevole alla luce delle posizioni assunte via via da molte associazioni che fanno riferimento all’art. 26 della Costituzione o si ritrovano nei movimenti pro-vita.
Contro quest’orientamento ci siamo mossi nel 2017 creando una rete con Agedo, Educare alle differenze e molte associazioni del mondo LGBT che abbiamo voluto chiamare Coordinamento Laicità Scuola Salute perché,
partendo dalle raccomandazioni dell’Oms che denuncia un incremento delle malattie sessualmente trasmissibili soprattutto tra i giovanissimi dell’”evoluto” emisfero occidentale, chiede che venga finalmente impartita nelle scuole italiane l’educazione sessuale come materia curricolare e che la stessa scuola si adoperi per rendere operativa l’educazione all’affettività e al rispetto.
In tal senso è stato prodotto un vademecum rivolto ai genitori perché siano protagonisti di tali richieste nelle scuole italiane.
Col Congresso mondiale delle Famiglie, che si è svolto a fine marzo a Verona, abbiamo assistito al tentativo violento di disconoscere, dietro la difesa di questa presunta famiglia tradizionale, le realtà esistenti nella nostra società, di far arretrare diritti e libertà conquistate dalle donne e dagli uomini di questo Paese. Il CGD, con Agedo, ha espresso ufficialmente anche il proprio dissenso rispetto alla partecipazione del Ministro dell’Istruzione ai lavori di quel Congresso che, attraverso i propri relatori, ha sostenuto idee sui diritti riproduttivi delle donne, sul matrimonio, sui diritti delle persone Lgbt+ incompatibili con i valori del dettato costituzionale. Un Ministro dovrebbe osservare l’articolo 3 della Costituzione ed operare per preservare e tutelare la pari dignità di tutte e tutti i cittadini, soprattutto dei più giovani, che hanno diritto a messaggi dagli esponenti delle istituzioni che rafforzino l’idea di una scuola inclusiva e dell’importanza di un percorso di cittadinanza scevro da stereotipi e pregiudizi, indipendentemente dalla “famiglia” di provenienza.
Per questo è tanto più necessario affermare che l’educazione di genere e il rispetto delle diversità debba essere parte integrante del curriculo di Cittadinanza e Costituzione, e che, attraverso la scuola siano superati gli ostacoli culturali che rendono non praticabili i diritti fondamentali di uguaglianza dando luogo spesso a discriminazioni di genere. Occorre chiedere espressamente al MIUR di inserire, nel prossimo piano triennale di formazione, espliciti percorsi su: discriminazione di genere, educazione alla sessualità ed affettività, formazione sul bullismo e cyber bullismo con finalità omofobiche, prevenzione alla violenza di genere.
Molto più fragili ci sono infatti apparsi i numerosi disegni di legge che tendono, con obiettivi anche molto diversi a seconda della forza politica proponente, a restaurare l’insegnamento dell’Educazione Civica nella scuola.
In tal senso ci siamo espressi nell’apposita audizione alla VII Commissione della Camera.
Il CGD, nel suo ruolo di Ente di formazione del personale della scuola, accreditato dal Miur, può prendere l’impegno di focalizzare la propria attività proprio su questo fronte, nella consapevolezza che le insegnanti e gli insegnanti possono fare la differenza, se si riesce ad acquisire la consapevolezza che a scuola le scelte non sono mai neutre e possono muoversi tra il produrre normalizzazione (riproduzione degli schemi socioculturali esistenti) o emancipazione dei soggetti.
Certamente tale impegno deve essere parallelo, anzi maggiormente esaltato, nei confronti dei genitori e delle famiglie. Abbiamo sempre sostenuto l’importanza di aprire nuove frontiere della comunicazione per costruirne una maggiormente efficace tra scuole e famiglie.
In questa direzione è andato il progetto, finanziato da MIUR nell’anno scolastico 2016/17, “la cassetta degli attrezzi – per un’alleanza educativa scuola-famiglia” che ha fatto emergere, con il coinvolgimento di tre nostre realtà associative territoriali in Piemonte, Lombardia e Lazio, la percezione chiara di una crisi in atto che riguarda valori condivisi, obiettivi, modelli di riferimento sia tra le generazioni (adulti/ragazzi) sia tra le cosiddette agenzie educative.
Il lavoro della nostra Associazione si corredava anche di una ricerca, condotta dal marzo 2016 al marzo 2017 su alcune testate nazionali (la Stampa, Repubblica, Corriere della Sera), che, senza pretese statistiche, ha cercato di capire come in quell’anno le questioni della scuola siano giunte sulle pagine dei giornali: l’istruzione e la formazione rischiano di non essere percepiti né presentati come valori fondativi della cittadinanza. Assai diffusa è, inoltre, la percezione che la scuola non costituisca più lo strumento decisivo di crescita e di promozione personale e sociale.
Proprio le considerazioni derivanti da questi nostri progetti, ci hanno fatto ritenere importante proseguire sullo stesso terreno.
E’ stata quindi implementata ed attuata, con un impegnativo lavoro in collaborazione col Dipartimento Coris dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza ” e con il finanziamento del MIUR, una Piattaforma interattiva, lanciata il 12 aprile all’Agcom, che nell’assumere come tema la “comunicazione scuola-famiglia”, ha focalizzato i suoi intenti su tre parole-chiave: dialogo, conoscenza e partecipazione.
Tale piattaforma permetterà ai genitori e agli insegnanti di usufruire di una “finestra” aperta di confronto, informazione, dialogo e di attivare azioni per rafforzare una cultura di governo della “scuola partecipata”, una ricaduta capillare in una visione nazionale.
Nelle scuole dovrebbe avere un ruolo importante, se vogliamo rafforzare il confronto e il coinvolgimento dei diversi attori della comunità scolastica, il “patto di corresponsabilità educativa”; ad esso viene attribuito, anche nelle Linee guida del MIUR sopra citate, enfaticamente, il ruolo di snodo fondamentale della relazione tra la scuola e i genitori.
Sulla sua necessaria rivisitazione, a dieci anni dall’approvazione del testo, ha partecipato al tavolo ministeriale/gruppo di lavoro anche il CGD, con molta fatica per ottenerne il diritto e il riconoscimento.
Il lavoro sulla stesura del patto di corresponsabilità, che ha comportato un confronto complesso e impegnativo, non ha avuto alcun seguito da parte del ministro Bussetti. Riteniamo grave una mancanza di interesse verso un tema ritenuto propedeutico alla necessaria ripresa di una intesa tra scuola e famiglia.
L’impegno in quell’ambito da noi assunto ha avuto tre precisi obiettivi:
- Agevolare il passaggio del “patto di corresponsabilità”: da sottoscrizione per presa visione, ad una reale partecipazione, ad un intervento attivo dei genitori, nel rispetto di tutte le componenti scolastiche;
- Garantire un necessario contenimento ad ogni previsione di “consenso informato” che possa presagire il controllo ingiustificato da parte di alcune famiglie, a rischio di ridurre i margini della libertà di insegnamento e della distinzione di ruoli e competenze tra educatori, tra genitore e docente. Tale preoccupazione è stata nel tempo supportata dalle richieste cogenti di alcune associazioni di genitori che vogliono porre veti su ogni intervento rivolto alla educazione alla sessualità e all’affettività. Ribadiamo infatti che ogni singola scuola è chiamata non a definire (né da sola, né con i genitori) le coordinate valoriali, in quanto già sancite dalla Costituzione Italiana, bensì il modo di declinarle.
- Garantire che ciò che è anche contenuto nelle Linee guida del Miur riferibile al “passaggio dalla programmazione pianificata alla progettazione partecipata, dall’informazione alla consultazione, dalle responsabilità istituzionali alle responsabilità condivise”, non nasconda, nell’ambito della definizione del patto di corresponsabilità l’idea di una destrutturazione della democrazia rappresentativa in democrazia diretta (presunta). I genitori, così come gli studenti, devono esercitare il potere decisionale nell’istituto a ciò preposto dalla legge, che disegna la scuola come sede di democrazia rappresentativa: gli Organi Collegiali, pur se da riformare, ammodernare, potenziare.
Su questo Istituto occorre soffermarsi, per l’’importanza che esso rappresenta.
Da lì nasce il CGD, da quella idea di partecipazione attiva è stata costruita l’idea di quella scuola che idealmente ci appartiene.
La questione degli Organi Collegiali chiama in causa due concetti chiave: quello appunto della collegialità e quello della partecipazione.
La partecipazione entra formalmente nelle scuole 40 anni fa, quando furono approvati i decreti delegati, ma la diversità dei ruoli e la distinzione di responsabilità fra le varie componenti scolastiche hanno fatto presagire fin da subito oggettive difficoltà; con la successiva entrata in vigore della legge sull’autonomia della scuola ancora di più si sono accentuate le difformità tra chi offre e chi è destinatario dell’offerta stessa. Non è infondato pensare che il progressivo affievolimento dell’entusiasmo iniziale, che aveva animato sia gli studenti che i genitori, si possa addebitare anche alla mancata attenzione da parte delle stesse istituzioni a tenere in vita i valori di partecipazione democratica conquistati con battaglie politico – sociali di grande rilevanza negli anni ’70.
In questo momento tanto più risulta urgente riconoscere il valore della partecipazione scolastica ponendo attenzione alla sua dimensione strumentale.
Questo ancor più in un clima di vertenzialità tra le varie componenti scolastiche, aggravato dall’assenza nell’attuale DEF di qualsiasi investimento sulla scuola pubblica, dalla mancanza di un progetto di un suo rilancio anche attraverso una didattica innovativa e di una formazione dei suoi docenti,
Per assicurare una rivitalizzazione degli OOCC occorre infatti alimentare circoli virtuosi di momenti partecipativi che possono suscitare interesse facendo cogliere la loro rilevanza pratica e la loro utilità funzionale.
La prima forma di partecipazione è l’informazione; far conoscere l’offerta formativa, farne comprendere i contenuti e argomentandone le scelte. La seconda forma è la consultazione.
La dialettica tra le diverse componenti scolastiche, che trova espressione e riconoscimento negli OOCC, comporta un confronto delle posizioni per il raggiungimento di una auspicata soluzione condivisa, che richiede comunque rispetto della distinzione di ruoli e delle connesse responsabilità.
Infatti, sul piano istituzionale, è bene ricordare che ogni scuola offre un servizio in nome e per conto dell’intera società interpretandone e rappresentandone gli interessi generali e che, per questo, quest’ultimi devono prevalere sugli interessi individuali.
Occorre far percepire come indispensabile l’istituto degli OOCC potenziandone, caso mai, i livelli partecipativi e collegandolo più strettamente alla vita del territorio. Risulta anche indispensabile riaffermare e potenziare la necessità della costituzione di Organi Collegiali Territoriali, che possano interfacciarsi col territorio, le sue istituzioni, il terzo settore, e che siano in grado di guidare e controllare i processi di integrazione tra scuola e territorio stesso. Se dunque si immagina la scuola come elemento centrale di un territorio e ad essa si legano e si collegano percorsi pedagogici, didattici, culturali, organizzativi per gli studenti e per i cittadini che lì vivono, non si può scindere la questione della governance da quella della rappresentatività e, più ancora, della corresponsabilità educativa tra tutte le componenti del territorio.
Si sta radicando in alcuni genitori la convinzione sbagliata che la scuola debba essere in continuità con la famiglia, sottostare ai suoi desiderata, in un clima di complicità e assenza di regole ignorando completamente, in questo modo, l’esistenza degli Organi Collegiali e la rappresentanza genitoriale elettiva.
Il monitoraggio naturale di un percorso partecipato e trasparente così delineato, non può che avere il suo naturale riscontro nel bilancio sociale, da sempre auspicato ma non attuato, nonostante fosse previsto dalla Circolare Ministeriale sulla Autovalutazione.
Spesso disattesa è anche l’indicazione che il ‘Rapporto di Auto-Valutazione’ (RAV), che delle singole scuole debba essere condiviso con la componente genitoriale e divulgato a tutti i genitori della scuola.
Si rende indispensabile rafforzare i livelli rappresentativi di genitori e studenti. I Comitati Genitori e i Comitati studenteschi devono essere obbligatori e avere il loro naturale avvio, la relativa dignità e peso decisionale all’indomani dell’elezione dei rappresentanti di classe. Dunque, non si tratta di ridurre il numero degli istituti interni agli organi collegiali ma, casomai, di renderli più efficaci.
In questi ultimi anni abbiamo purtroppo dovuto registrare un’accelerazione esponenziale del disinteresse binario – della scuola e dei genitori – nei confronti della partecipazione sostanziale e rappresentativa nella scuola.
Spesso la scuola ha accentuato la propria inclinazione all’assoluta autoreferenzialità, motivo per cui molti genitori, già demotivati per senso di impotenza, problemi di quotidianità, rassegnazione, di fronte alle sollecitazioni dell’istituzione scolastica, hanno facilmente trovato una comoda collocazione nel ruolo di “utente”, il più delle volte insoddisfatto, che trova soluzioni individuali, come le ripetizioni private, fuori dal contesto scolastico dei propri figli.
All’apprendimento cooperativo si è sostituito nella scuola il principio della valorizzazione del merito e dell’eccellenza, che hanno preso il posto della mission inclusiva della scuola pubblica; il diritto di tutti alla scuola ha dovuto imparare a convivere con il privilegio di pochi che possono attingere ad ulteriori opportunità formative accentuando le differenze economiche e sociali di partenza.
La crisi economica e culturale che attraversa il nostro Paese, accentua pericolosamente questo processo.
Pertanto, la discussione sugli organi collegiali o sui livelli partecipativi non può limitarsi a tecnicismi migliorativi, ma deve porsi il problema di quale e percorso culturale occorra mettere in atto affinché questa deriva possa essere arrestata.
Questa analisi è indispensabile per comprendere come la rappresentanza dei genitori a tutti i livelli, anche nei FoRAGS, sia considerata, nella maggior parte dei casi, come un mero adempimento burocratico.
In questo triennio abbiamo registrato il tentativo da parte dell’amministrazione di modifica dei regolamenti di alcuni FoRAGS sui criteri di convocazione.
A ciò si sono sommate le difficoltà derivanti dalla pressoché totale assenza di fondi da destinare alle attività dei Forum e anche la destinazione degli stessi in modo unilaterale e discrezionale.
Poiché è stata rinviata la discussione sugli OO.CC, nell’ambito delle deleghe al governo nella stagione della riforma Renzi, è probabile che quanto prima sia ripresa la discussione.
Il clima politico che si è andato sviluppando in questo ultimo anno fa credere che vecchi percorsi possano essere riattivati. Non possiamo dimenticare gli intendimenti della ex sottosegretaria Aprea di “dare un’istruzione a tutti ma non a tutti la stessa istruzione” o la proposta di trasformare il consiglio di Istituto in Fondazione regolata da diritto privato e di prevedere che la scuola abbia partner che ne sostengano l’attività con possibili finanziamenti e una loro presenza negli OOCC, entrando nel merito delle modalità per il raggiungimento degli obiettivi dell’offerta formativa.
Il CGD in quella stagione ha fatto la sua parte di opposizione, la farà di nuovo se si dovesse verificare una circostanza analoga, cercando di costruire intorno una rete di alleanze e adesioni per sostenere una proposta convincente che sappia trovare modalità innovative di partecipazione senza mettere in discussione il principio di una socializzazione e rappresentanza democratica della governance della scuola.
Il CGD sarà presente e vigile anche rispetto ciò che il Ministro dell’Istruzione e l’intero Governo hanno annunciato:
- L’autonomia differenziata regionale
L’obiettivo è quello di regionalizzare la scuola e l’intero sistema formativo che porterà a un sistema scolastico con investimenti e qualità legati alla ricchezza del territorio. Si avranno, come conseguenza immediata, inquadramenti contrattuali del personale su base regionale; salari, forme di reclutamento e sistemi di valutazione disuguali; livelli ancor più differenziati di welfare studentesco e percorsi educativi diversificati. Di fatto viene meno il ruolo dello Stato come garante di unità nazionale, solidarietà e perequazione tra le diverse aree del Paese; ne consegue una forte diversificazione nella concreta esigibilità di diritti fondamentali.
Vengono meno principi supremi della Costituzione racchiusi nei valori inderogabili e non negoziabili contenuti nella prima parte della Carta costituzionale, che impegnano lo Stato ad assicurare un pari livello di formazione scolastica e di istruzione a tutti, con particolare attenzione alle aree territoriali con minori risorse disponibili e alle persone in condizioni di svantaggio economico e sociale.
- l’applicazione del costo standard che faciliterà, con i contributi economici, la scelta della scuola privata paritaria
- la modifica dell’esame di maturità con la progressiva svalutazione del titolo, in linea con la proposta di eliminare anche il suo valore giuridico.
- La riduzione dell’alternanza scuola lavoro, senza una reale critica all’utilizzo dell’istituto ed una seria analisi del contesto; tutto viene riportato all’unico scopo di riduzione della spesa.
- il taglio sostanziale dei fondi per l’istruzione previsti nel bilancio per 100 milioni
- L’ennesimo piano inconcludente sull’edilizia scolastica;
Un terreno di reazione esiste e appare in molte circostanze. La posizione assunta da molti insegnanti, da movimenti e associazioni che vogliono contrastare le discriminazioni istituzionalizzate alle battaglie del sindacato di categoria, il desiderio di molti studenti di essere protagonisti attivi, di essere parte attiva di una comunità. Con essi vogliamo fare rete, nella convinzione che le studentesse e gli studenti vogliano un’altra scuola, vogliano agire con libertà, con spirito critico, senza reticenze; vogliano pensare ad un futuro non pieno di paure ed incertezze e vogliano che sia la scuola a garantire loro la transizione.
Non sono più rinviabili provvedimenti per:
- Garantire maggiori investimenti nell’istruzione, il diritto allo studio, il tempo pieno e il servizio di refezione gratuito riconoscendogli finalmente la qualità di servizio essenziale,
- modificare le pratiche di insegnamento allargando gli spazi di apprendimento virtuale,
- applicare un piano di accoglienza ed inclusione verso gli studenti stranieri e le loro famiglie;
- garantire il giusto riconoscimento alla professione di insegnante e l’attivazione di un piano di aggiornamento costante obbligatorio;
- per ultimo ma non per importanza, allargare le modalità di partecipazione alla vita della scuola.
La situazione politica e le scelte che il governo sta effettuando fanno presagire una restaurazione ideologica che si basa su posizioni conservatrici sui temi dei diritti civili e costituzionali, sulla famiglia, sulla concessione del rapporto tra persona e società. Gli orientamenti che emergono fanno appello a paure profonde, sollecitano atteggiamenti e reazioni sbagliati, che premiano l’individualismo e allontanano dai principi di rispetto e convivenza civile.
E allora si colpisce il “diverso”, l’immigrato, l’uomo, la donna, il bambino di colore. Si negano diritti colpendo i soggetti più deboli della società. Assistiamo ad episodi cui non avremmo pensato di assistere, con pesanti ricadute sullo spirito di accoglienza, di convivenza democratica, sull’inclusione. Ricadute che si sono verificate anche nel mondo della scuola.
Episodi di discriminazione verso alunni stranieri (Lodi, Monfalcone) ed anche italiani (Cenate sotto); smantellamento di campi rom, sgomberi di famiglie, scritte offensive quando non simboli razzisti e nazisti verso istituzioni scolastiche che praticano l’accoglienza, l’educazione alla parità di genere contro ogni forma di violenza e discriminazione.
Nasce così il tavolo Saltamuri. Partendo da dall’allarme del mondo dell’educazione di fronte alla preoccupante situazione che si sta determinando nel Paese, a settembre si sono riunite a Roma 40 tra associazioni, enti, organizzazioni sindacali, strutture educative per costruire un tavolo interassociativo, per formulare proposte e organizzare iniziativa di sensibilizzazione rivolte al mondo della scuola, della ricerca, della formazione e più in generale alla società. Il CGD ne fa parte, fin dalla sua costituzione, assumendo un ruolo attivo e partecipativo nell’ambito della sua cabina di regia.
Da allora l’adesione è stata ampia, in pochi mesi 130 soggetti, tra associazioni, scuole, Comuni d’Italia, hanno aderito e attivato molte iniziative territoriali a sostegno dell’inclusione, del rispetto delle diversità, per una educazione sconfinata. Il tavolo si muove per progettare percorsi di ricerca e conoscenza, sulle cause delle guerre nel mondo, sul razzismo, sui diritti umani, sull’educazione alla pace, sulla comunicazione non violenta e sull’uso del linguaggio come possibile fonte di stereotipi e pregiudizi. La campagna promossa “1000 mille scuole aperte per una società aperta” ha avuto fin’ora grande riscontro su tutto il territorio nazionale. Importante la risposta di Lodi, dove il nostro CGD ha avuto un ruolo determinante per le attività promosse.
Il CGD e il mondo
Né possiamo ignorare e non solo perché siamo alla vigilia del rinnovo del Parlamento europeo e in presenza di una violenta campagna elettorale europea che rimette in discussione i diritti acquisiti, il nostro sguardo europeo ed internazionale. Dal 2016 abbiamo con grande fatica e con l’aiuto della FCPE (Federation parents coles publiques) francese cercato di ritessere una rete con le associazioni di genitori laiche europee (CEAPA spagnola e FAPEO belga), Siamo a buon punto anche se si pongono problemi molto concreti verso la costituzione di un’associazione europea quali la sede (Parigi?) e la struttura statutaria che necessariamente è legata alle norme e regole del paese in cui si stabilisce la sede.
Elemento di particolare interesse è costituito dal sostegno a quest’iniziativa di molte associazioni laiche africane (Algeria, Tunisia, Marocco, Gabon, Costa d’avorio, Benim…,) e non solo (Cile, Argentina…). La petizione per una educazione laica, gratuita che offra le stesse possibilità a tutti i minori rivolta alla Commissione Europea e all’Unesco e le relative risposte che rivelano attenzione, sono state la prima embrionale attività, insieme alla solidarietà che il gruppo ha espresso ai fratelli algerini nella loro tenace, pacifica lotta per una svolta democratica nel loro paese.
Il CGD ed il mondo della comunicazione
Le novità, le problematicità che il mondo della comunicazione nel suo tumultuoso e velocissimo sviluppo ha posto in questi ultimi anni con tutte le nuove questioni educative che l’uso della rete e dei social porta con sé è stata oggetto per il CGD di ulteriori riflessioni.
Abbiamo dato il nostro contributo alla senatrice Ferrara nell’elaborazione della legge 71 (cyber bullismo) e partecipato al tavolo interministeriale che dovrebbe elaborare delle linee guida sulla formazione dei docenti referenti nelle singole scuole.
In realtà le singole USR gestiscono la formazione docenti con criteri localistici ed il cyber bullismo può diventare uno slogan usato da improvvisate agenzie formative. Abbiamo comunque testato a Roma un modello di formazione per adolescenti (scuole secondarie di primo grado) che ha dato risultati positivi e che può essere replicabile dai CGD territoriali.
Abbiamo proseguito il nostro impegno nelle commissioni di revisione cinematografica ed accompagnato con alcune raccomandazioni l’impianto della nuova legge che regolamenta il settore cinematografico (legge Franceschini) per quanto riguarda la classificazione dei film per i minori.
A tutt’oggi la legge resta in attesa di applicazione.
Per quanto riguarda il Comitato Media e minori (ex Tv e Minori) organo istituzionale vive in un cono d’ombra.
La proposta di rinnovo del Codice che il Parlamento dovrà votare è stata elaborata dalle sole emittenti (!!). Il membro designato dal CGD, col nostro appoggio, ha elaborato un documento di protesta consegnato alla Commissione Bicamerale Infanzia che deve esprimere un parere cogente sulla proposta di Codice.
Vale solo la pena di sottolineare che la nostra presenza in queste, ed alte, commissioni è sempre più gravosa ed onerosa non essendo previsto neanche alcun rimborso spese.
Proseguiamo in quest’impegno convinti come siamo che la tutela dei minori sia parte del nostro DNA costitutivo e d altrettanto consapevoli che manteniamo saldi alcuni principi in una fase di totale disattenzione politica sul tema.
Ordine del giorno Assemblea ordinaria CGD nazionale 12 e 13 aprile 2019
Gruppo di lavoro “ Diritti”
APPROVATO DALL’ASSEMBLEA
- Dai dati statistici si rileva una dispersione scolastica in aumento e riferibile al sesso femminile, anche se il rendimento scolastico delle ragazze risulti comunque di maggiore livello rispetto ai coetanei di sesso maschile. Emerge anche che ad una scolarizzazione ed istruzione ( anche nei livelli più alti) delle ragazze non corrisponda per loro analogo livello occupazionale rispetto ai dati dei ragazzi di sesso maschile.
Per superare le disparità di trattamento tra uomo e donna, che emergono con chiarezza anche nel nostro Paese, bisogna intervenire a livello educativo partendo proprio dalla scuola di ogni ordine e grado.
Alcune proposte:
- Utilizzare la normativa vigente per inserire nel PTOF l’educazione alle differenze di genere
- Fare un uso critico dell’editoria scolastica che propina stereotipi di genere ( la mamma impegnata nelle faccende domestiche e il papà lavoratore)
- Qualificare i piani di inclusione nella scuola ed inserire nel curriculo di cittadinanza le discriminazioni anche di genere
- Intensificare la rete, già avviata dal CGD, sui temi della discriminazione di genere
- Chiedere la modifica delle dizioni “madre” e “padre” nei moduli di iscrizione alla scuola che creano disparità di trattamento tra famiglie con caratteristiche diverse, meritevoli di pari dignità e riconoscimento.
- La disparità di trattamento fra uomo e donna, che emerge fin dai primi anni di vita attraverso stereotipi di genere, tende ad essere ancora più acutizzata dalla visione di quella “famiglia tradizionale” che sta affiorando nel nostro paese, sostenuta da associazioni del Forum delle famiglie e assecondata anche da alcuni dei nostri livelli istituzioni. Una tendenza che va combattuta con fermezza.
- In alcune zone del nostro Paese, nella periferia estrema delle grandi città, dove il disagio e l’emarginazione sono maggiormente presenti, si riscontra una difficoltà oggettiva ad esercitare i diritti più elementari, per una loro sostanziale non conoscenza.
Anche l’iscrizione del proprio figlio, ad esempio, con modalità on line diventa un problema ed allontana i genitori dal mondo della scuola con ulteriori negative ricadute. Una emarginazione sociale ed economica che trova radici anche nella diffidenza e nella considerazione negativa nei confronti dello Stato e nelle sue istituzioni. La non conoscenza dei propri diritti, che ne limita l’esercizio, può diventare un modo di negare sé stesso e il proprio diritto di cittadinanza.
La regionalizzazione dell’istruzione creerà ulteriori disuguaglianze dove già sono evidenti criticità e diversità. Si rischia di mettere in discussione principi sanciti dalla Costituzione che impegnano lo Stato ad assicurare un pari livello di formazione scolastica e di istruzione a tutti, con particolare attenzione alle aree territoriali con minori risorse disponibili e alle persone in condizioni di svantaggio economico e sociale.
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