Un interessante contributo di Paolo Fasce, oggi Dirigente scolastico, ex precario storico, per avviare un dibattito…

I ritardi del sostegno
Una vergogna sanabile con un’organizzazione diversa

Puntuale come una festa comandata, ai primi di ottobre scoppia inesorabile la polemica, legittima e sacrosanta, dei genitori di studenti disabili per i quali non è ancora stato nominato l’insegnante di sostegno.
Negli articoli che ho letto sulla stampa generalista si indugia sui particolari della disabilità, spesso si tratta di autismo e in questo caso si aggiungono le più che condivisibili recriminazioni sulla mancanza di continuità, e si dà spazio alle urla di dolore degli stessi insegnanti, ovviamente precari, in attesa di nomina e desiderosi di prestare soccorso. Sui media di nicchia, nessuno osa dire davvero “Il re è nudo”.
Il campionamento della realtà operato dai giornali è spesso arbitrario e il modo di presentare la questione lascia sempre un senso di scoramento e rabbia, non essendo siffatto “giornalismo di inchiesta” in grado di indagare sulle cause e sui problemi sottesi perché farlo significa aprire il vaso di Pandora. Fortunatamente lo scrivente è Dirigente Scolastico, quindi vedo la questione da un punto di vista organizzativo, sono stato Supervisore di Tirocinio all’Università di Genova, quindi sono consapevole di cosa stiamo parlando e, infine, sono stato insegnante di sostegno specializzato precario, quindi conosco bene il contesto anche dal punto di vista dell’esperienza “dal basso”, e soprattutto, cerco di essere intellettualmente onesto. Quindi vi racconterò come stanno le cose.
In primis è bene esplicitare le cause prime: oggi gli insegnanti specializzati non ci sono. Quando ero insegnante precario, gli specializzati c’erano ed ero uno di loro. In provincia di Genova, andavamo a centinaia alle chiamate di agosto ed eravamo in servizio persino il primo di settembre. Oggi non ci sono insegnanti precari specializzati su piazza, e nel paese, quindi non possono essere assunti prima dell’avvio dell’anno scolastico. Ci sono due soluzioni a questo problema: 1) Attivare montagne di corsi di specializzazione che ripristinino un congruo numero di specializzati in tutto il paese, con particolare riguardo per il settentrione perché in meridione i tassi sono molto più alti a causa dei flussi. 2) Implementare forme di cattedra mista incentivata che recuperino gli insegnanti specializzati passati su posto comune (penso alla formula delle ore eccedenti che non grava sui conti dello Stato).
Ora mi toccherà svelare cose spiacevoli, per le quali certamente verrò attaccato da questo o quel comitato, da questo o quel sindacato, da questo o quel partito, ma giuro di dire la verità, tutta la verità e nient’altro che la verità.
Il motivo per cui oggi le scuole non riescono a chiamare personale sul sostegno, pur privo di specializzazione, in tempi congrui è dovuto al fatto che a chiamare gli insegnanti precari sono le singole scuole. Tale chiamata prevede una gestione di graduatorie sempre più frantumate da sentenze, non sempre note in maniera uniforme a tutte le segreterie, e dalla radicata preferenza generale degli insegnanti ad insegnare preferibilmente la propria materia, piuttosto che rendersi disponibili per il sostegno. L’insegnante chiamato per una materia può preferirne un’altra, oppure può preferire un’altra scuola e tra i precari c’è una grande conoscenza dei posti sul proprio territorio. Accà nisciuno è fesso, direbbero a Napoli. Quindi iniziano balletti e persone che tergiversano. Preferisco la materia piuttosto che il sostegno. Preferisco lavorare qui, piuttosto che lì, Preferisco… Poi ci sono chiamate al 31 agosto, al 30 giugno e fino al termine delle lezioni. Quindi un(’)insegnante può essere assunta/o qui, ma ricevere una chiamata là successiva e preferibile, quindi il supplente si licenza e va altrove. Si tratta di comprensibile “egoismo occupazionale” che è legittimo fino a quando le condizioni al contorno sono quelle attuali. Dura lex (per gli studenti), sed lex. Dal punto di vista organizzativo, di conseguenza, è perfettamente inutile chiamare subito sul sostegno perché il rischio di avere qualcuno che se ne va dopo due settimane è alto. Ed ecco perché arriviamo ai primi di ottobre. Ovunque.

Anche in questo caso ho due soluzioni molto semplici per risolvere il problema. 1) dovrebbe essere possibile alle scuole confermare i supplenti dell’anno precedente, assicurando qualità e continuità (per farlo, basta una piccola modifica al D.Lgs. 66/2017, proprio recentemente modificato in senso restrittivo). La qualità è legata alla discrezionalità di tale opzione che suggerisco, non avendo qui lo spazio per dettagliare. In estrema sintesi, chi non è capace non dovrebbe essere confermato. Sul come decidere si apre un capitolo non banale e, sul tema, non sono talebano. 2) A chiamare i supplenti ancora necessari a seguito delle lacune lasciate dalla soluzione al punto 1, dovrebbe essere l’Ufficio Scolastico provinciale, rinforzato con personale professionalizzato sul tema preso a prestito dalle scuole per un mese in quantità sufficiente e distribuita dal primo al trenta di settembre. Questa task force dedicata, dovrebbe chiamare da un’unica graduatoria provinciale per tutte le classi di concorso e dire: vuoi andare là? Risposta sì. Bene, assunto. Risposta no. Pazienza, vieni depennato per quell’anno. E non lavori proprio. Con questo sistema, per prima cosa si chiamano le cattedre sul sostegno e se sei alto in graduatoria, quindi un insegnante precario ma esperto, è bene che tu sia disponibile a lavorare sul sostegno, altrimenti non entri a scuola con la giusta mentalità inclusiva che è tipica della scuola pubblica statale italiana. Fine del problema. Naturalmente questo genere di personale si arrabbierà di questa mia proposta, ma saranno contenti i genitori degli studenti disabili e anche tutti gli altri, ed ecco perché ad ospitare questo intervento è il CGD, perché oltre agli insegnanti di sostegno, entro due settimane dall’avvio dell’anno scolastico, si troverebbero anche gli insegnanti di tutte le materie. Diritto all’istruzione, lo chiamano.
Per l’itinere, dal primo di ottobre in poi, la soluzione è parimenti semplice. Occorre che i docenti con contratto attivo siano temporaneamente cancellati dalle graduatorie di istituto. A gennaio, quindi, una chiamata da parte di una scuola sarà proposta solo a personale libero, a prescindere dal fatto che chi è occupato potrebbe avere una supplenza più breve. Si tratta quindi di riequilibrare il diritto al lavoro con quello all’istruzione, contemperando le diverse esigenze. Per le supplenze brevi versus supplenze brevi è già così.
Nella comprensibile battaglia tra diritto dei lavoratori precari e diritto all’istruzione degli studenti, in particolare quelli disabili, i primi hanno avuto la meglio nel tempo, avendo avuto la possibilità materiale di insistere e persistere nelle trattative con la Pubblica Amministrazione, essendoci una disparità di forze in campo: quando parlano i genitori? Ai primi, addirittura, anche quando non più precari, si sono spesso barattati diritti nell’organizzazione del lavoro (sull’orario, sui permessi, sulle assegnazioni provvisorie, sugli utilizzi, etc.) offerti al posto di adeguamenti salariali, a compensazione dell’impossibilità di fornire questi ultimi. Il risultato è sotto gli occhi di tutti, ma i portatori degli interessi alternativi, genitori e genitori di studenti disabili, sono deboli e le cose potranno cambiare solo se alcuni dibattiti saranno fatti alla luce del sole, onde fare emergere posizioni intellettualmente oneste che consentono di trovare equilibri meno partigiani.

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