Comunicato del CGD Ancona sulla visita del Ministro Valditara a Fermo e ad Ancona prevista il 26 febbraio 2025.
A proposito della doppia visita del ministro Valditara a Fermo e ad Ancona, alla presenza di tutti i politici di primo piano del centro destra marchigiano, non possiamo esimerci dal dire alcune parole.
Iniziamo dalla mattinata: l’evento è dedicato agli alunni del secondo ciclo di istruzione.
Data l’amplissima offerta delle Università marchigiane tra percorsi di laurea triennale, anche professionalizzante, e magistrale di eccellenza, con percentuali di occupabilità che raggiungono anche il 90%, ci saremmo aspettati che una giornata dedicata al #futuronellatradizione prevedesse innanzitutto una valorizzazione dell’orientamento allo studio universitario.
Dispiace notare, invece, l’enfasi esclusivamente posta sui percorsi 4+2 e sull’offerta ITS post diploma di orientamento al lavoro, che rendono evidente come siano questi i percorsi e gli sbocchi ai quali unicamente è dedicata la relazione “Disegniamo il futuro della scuola italiana” e l’”OrientaTalentiMarche”.
La concomitanza con l’apertura del Governatore Acquaroli alle Università private costituisce da questo punto di vista una preoccupante “coincidenza”, che non solo svilisce l’importanza dell’investimento nel percorso universitario pubblico a vantaggio di chi può permettersi rette di fatto insostenibili a molti, ma ripropone una visione degli studenti come divisi in due “classi” distinte a seconda che siano “destinati” allo studio o al lavoro, vanifica quella che è una delle missioni più importanti della scuola come ascensore sociale che, come è scritto nel nostro art. 34 della Costituzione, mira a garantire a tutti il raggiungimento dei più alti gradi degli studi senza altra condizione che l’attitudine e il profitto.
Rileggendo il manifesto, una parola ci colpisce particolarmente: “filiera” e non possiamo non notare la concomitanza con l’accorpamento delle autonomie scolastiche, che già da due anni sta producendo “istituti pollaio” anche nella nostra Regione. Una seconda “coincidenza” singolare.
Quale “futuro”, dunque, si sta disegnando per i nostri figli?
A quale “tradizione” si fa riferimento nel titolo dell’evento?
Quale e in quale senso è l’attenzione ai “talenti” e al “merito” che a chiare lettere oggi identifica il nome del Ministero dell’istruzione?
Quale “scuola” è al centro dell’attenzione del programma ministeriale, visto lo spazio che viene dato al privato e segnatamente alla scuola paritaria da un Ministero che non è più dell’istruzione “pubblica”?
Come non condividere le preoccupazioni dei genitori che ci scrivono: “perché i nostri figli devono essere educati in spazi ristretti, decadenti, con poche risorse umane e strumentali e devono essere pronti in sempre meno tempo per essere immessi in un mercato del lavoro iniquo e dai confini troppo limitati”?
Chissà se queste domande verranno rivolte al Ministro durante il “question time” previsto a fine mattinata.
Passando al pomeriggio, l’evento è dedicato agli alunni della scuola secondaria di primo grado.
La cerimonia si apre con “l’Inno europeo” cantato in latino.
Forse non tutti sanno che l’inno è tratto dalla “Nona sinfonia” composta nel 1823 da Ludwig van Beethoven, che ha messo in musica l'”Inno alla gioia” scritto da Friedrich von Schiller nel 1785, in tedesco. Nel 1985 la melodia è stata adottata dai Capi di Stato e di governo dei paesi membri come inno ufficiale dell’Unione europea, ma nella versione musicale, priva di testo: l’inno europeo è costituito solo dalla musica proprio perché nel suo linguaggio universale esprime gli ideali di libertà, pace e solidarietà perseguiti dall’Europa.
Perché dunque farlo cantare e per di più in una versione tradotta dal tedesco al latino?
Perché proporlo in questo modo agli alunni della scuola secondaria di primo grado?
Visto il tema della relazione pomeridiana del Ministro su “Le nuove indicazioni ministeriali per la scuola secondaria di primo grado”, immaginiamo che la ragione sia legata alla scelta di ripristinare lo studio facoltativo del latino a partire, appunto, dalle scuole medie.
Perché abbiamo scritto “ripristinare”? Perché il latino veniva effettivamente studiato in passato dagli alunni delle scuole medie: era stato introdotto da chi sosteneva una idea di scuola media divisa in scuola media “ginnasiale” (per chi sceglieva di studiare il latino) e scuola media di avviamento professionale (senza latino e con la frequenza di laboratori di tecnologia), in modo da separare di fatto già a 11 anni i percorsi scolastici degli studenti e anche i loro destini sociali.
Questa scuola media con percorsi differenziati si dimostrò una vera e propria “scuola di classe” e proprio per questo fu superata nel 1978, eliminando lo studio del latino per riservarlo al secondo ciclo di istruzione.
Come non pensare, allora, che la scelta di ripristinare lo studio facoltativo del latino alle medie non sia un ritorno al passato che invece di proiettare al futuro, finisce per riportarci, di nuovo, ad una selezione precoce, all’individuazione anticipata di alunni di serie A e alunni di serie B, i primi preparati per proseguire gli studi al liceo e all’Università, i secondi invece destinati alla filiera professionale e all’introduzione nel mercato del lavoro?
Come non preoccuparci, quindi, di fronte al fatto che, ora come allora, la linea di resistenza del privilegio sociale che si fa sistema possa attestarsi esattamente “attorno all’insegnamento del latino: opzionale proprio in quanto rivolto ai pochi. Perché la questione non è se sia o meno una “lingua morta”, ma quanto sia viva e resistente la sua carica simbolico-culturale di discrimine sociale” (cfr. l’intervista a Simonetta Fasoli in https://www.tecnicadellascuola.it/riforma-indicazioni-valditara-il-latino-alle-medie-e-una-scelta-ideologica-come-avvenne-negli-anni-60-intervista ).
L’impressione allora è che queste giornate non siano affatto dedicate alle alunne ed agli alunni, né pensate per raccogliere le loro domande o accogliere le loro richieste, meno che meno quelle della comunità educante composta dalla scuola e dalle famiglie.
Sta passando, d’altra parte, giorno dopo giorno, l’idea che le famiglie debbano rimanere fuori dalla scuola, che i genitori siano soltanto un problema, polemici e addirittura aggressivi, un ostacolo per chi intende evidentemente istruire ed indirizzare i ragazzi in percorsi già decisi a 11 anni.
Dispiace molto capire che viene disconosciuto l’impegno costante, fattivo, dei genitori che si impegnano quotidianamente durante i colloqui, nei consigli di classe, nei consigli di istituto, come singoli e associati anche presso gli USR, genitori che da anni collaborano nel pieno rispetto di quel patto educativo di corresponsabilità che firmano appena figli e figlie varcano la soglia della scuola e mantengono fermo come impegno di cittadinanza al servizio della società e delle istituzioni.
Dispiace molto constatare che le richieste riguardanti la riduzione degli alunni per classe, la stabilità e l’adeguamento degli stipendi degli insegnanti, gli investimenti nell’edilizia scolastica, l’adeguamento degli spazi, l’estensione del tempo pieno, l’apertura delle scuole nel pomeriggio, la valorizzazione delle aree interne, tutte richieste che le famiglie sentono urgenti, da anni, continuino a restare inascoltate.
Dispiace molto osservare che le esigenze che ragazzi e ragazze manifestano in termini di riduzione dello stress e di benessere psicologico, di educazione alle relazioni, affettività e sessualità, di rinnovamento della didattica per renderla più attenta alle sfide che si prospettano oggi di fronte alla complessità delle relazioni nel mondo globalizzato, alla crisi delle istituzioni democratiche, alla urgenza di far fronte al cambiamento climatico e alla tutela dell’ambiente, vengano ignorate.
Dispiace molto non trovare nel manifesto dell’evento parole come “cittadinanza”, “inclusione”, “uguaglianza”, “cura”, “accoglienza” e che il cuore delle riforme non sia incentrato sul riconoscimento della necessità di assicurare ad ogni alunno italiano o straniero, con disabilità o senza, con diverse situazioni personali e sociali, il pieno e sviluppo della persona come vuole l’art. 3 della nostra Costituzione, perché le parole sono (davvero) importanti e non mentono mai.
Ancona, 24 febbraio 2025
Il CGD Ancona
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